Un altro fattore vincente nella gestione di un portafoglio di successo è il ribilanciamento.

Una volta definita la propria asset allocation, ovvero la suddivisione dei nostri risparmi fra le varie asset class (azioni, obbligazioni, REIT, etc), conviene in maniera periodica verificarne e controllarne i “pesi specifici prestabiliti.”

Concretamente, se abbiamo stabilito che il nostro portafoglio debba essere composto ad esempio per il 60% da azioni e per il 40% da obbligazioni, il buon senso finanziario ci dice che bisogna verificare che non ci siano deviazioni significative a seguito dell’andamento dei mercati rispetto a queste percentuali.

Il ribilanciamento ci aiuta a mantenere il profilo di rischio che abbiamo impostato e che ci caratterizza come investitori, nonché  a limitare le perdite parziali che si verificano nel corso della nostra maratona d’investimento.

Supponiamo ad esempio d’investire 10.000 Euro utilizzando un classico portafoglio 60/40, ovvero di allocare  6.000 Euro in azioni e 4.000 in obbligazioni. Se alla fine del primo anno, la parte azionaria del nostro portafoglio raddoppia portandosi a 12.000 Euro, la suddivisione fra azioni e obbligazioni del portafoglio attualizzato diventa 75/25  (12.000 Euro in azioni, 4.000 Euro obbligazioni).

In questo caso, mantenendo la nostra asset allocation con queste nuove percentuali, incrementiamo il rischio di subire una perdita successiva più grande (aumenta la volatilità del portafoglio essendo la componente azionaria più ampia).

Diminuendo allo stesso tempo in percentuale la componente obbligazionaria, scende anche il nostro  “cuscinetto di sicurezza” del portafoglio responsabile di  garantire un contrappeso al portafoglio  quando la parte azionaria subisce delle perdite.

Come abbiamo visto in un precedente articolo, maggiore è la perdita parziale di un portafoglio, maggiore ovviamente il guadagno successivo richiesto per portarsi al punto di pareggio. Ribilanciando, facciamo in modo di limitare queste perdite parziali consentendo tempi di recupero più veloci per assorbire tali perdite.

Ricordiamo infatti che :

a) ci vuole un guadagno del 11% per recuperare una perdita del 10%;

b) del 25% per recuperare una perdita del 20% ;

c) del 43% per recuperare una perdita del 30% ;

d) del 67% per recuperare una perdita del 40%;

e) del 100% per recuperare una perdita del 50%;

f) del 300% per recuperare una perdita del 75%!!

Il  ribilanciamento può portare anche a degli incrementi di rendimento finale del nostro portafoglio.

Come mai? Perchè……

ribilanciare ci costringe a “vendere alto e comprare basso”, ahi noi esattamente il contrario di quello che tipicamente gli investitori medi fanno, sopratutto nei momenti di turbolenza finanziaria come quelli attuali!

Non si tratta tuttavia di una tecnica semplice da mettere in pratica; occorre molta disciplina emotiva e psicologica per vendere degli investimenti che vanno bene con forti  guadagni per comprare asset che invece sono in perdita e possono deludere in certe fasi del mercato.

Quanto spesso si consiglia di ribilanciare un portafoglio? Non esiste una regola fissa, l’importante è comunque farlo (molti esperti consigliano una frequenza da 1 a 3 anni).

Il ribilanciamento può avvenire come abbiamo detto, vendendo  gli asset che hanno subito maggiori incrementi oppure semplicemente aggiungendo direttamente ulteriore risparmio/liquidità sugli altri asset del portafoglio, riportando la composizione della nostra asset allocation a quella “obiettivo”.

In quest’ultimo  modo otteniamo anche un ottimizzazione fiscale non dovendo vendere asset in guadagno rinviandone la relativa tassazione.

Ribilanciare un portafoglio? Si grazie!

 

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